Era stonata come una campana filata, la vera signora della scala. Eppure la sua vita è sempre strettamente legata a quella tranquilla del tempio musicale milanese.
Non solo per quel suo cognome così importante,
Toscanini, e anche per il Leggendario nome Wally, come l’opera scritta dal maestro, Alfredo Catalani. Un legame iniziato sin dal giorno della sua nascita, quel sei gennaio 1900 quando il padre stava provando Lohengrin.
Un suggeritore gli annunciò che era nata sua figlia e Toscanini posò la bacchetta: ”Signori è nata Wally la prova per oggi e sospesa”. Wally, Sorrideva divertita raccontando l’episodio: ”Anch’io ho avuto il mio applauso scaligero”. Ma subito aggiungeva”mi ha portato fortuna. Perché dalla vita ho avuto tutto senza molti meriti”.
Generosa, entusiasta, schietta, Wally Toscanini non amava adulatori era severa con se stessa. Troppa severa. Figlia di un uomo importante, ma non si è mai adagiata, nel privilegio delle origini, semmai lo sfruttò. E in positivo. Quando nel dopoguerra la Scala risorse dal bombardamento del 1943 fu lei, con le sue energie che fondò l’associazione”Amici della Scala” si adoperò per convincere la buona società milanese a fare donazioni a dare contributi per la ricostruzione.
Lo sentiva un dovere verso la città. Così come aveva sentito il dovere di mantenere aperto il salotto della casa di famiglia in Via Durini, anche negli anni dell’esilio volontario del padre, che ormai dirigeva soltanto all’estero dopo essere stato schiaffeggiato dai fasciti per aver rifiutato l’esecuzione dell’inno Giovinezza. Ai suoi inviti rispondevano intellettuali che volevano parlare liberamente d’arte, di musica e naturalmente di politica, anche se erano schedati dalla polizia all’uscita.
Wally Toscanini, era insofferente alla volgarità del regime. E’ noto che nel periodo bellico, era in contatto con agenti speciali Americani. Ebbe un ruolo anche per il rientro in Italia di molti ufficiali internati in Svizzera tra i quali il generale Cadorna.
Carnagione bianchissima,labbra notevolmente dipinte, capelli neri, una bellezza un po’ zingaresca, che lei si divertiva a rilevare, abiti rossi e profonde scollature, Wally, del primo dopoguerra era una giovane ragazza anticonformista per la Milano bene di allora. ”E’ l’unica opera che non ho mai saputo dirigere” diceva di lei il padre. Guido da Verona l’aveva corteggiata, Gabriele d’Annunzio cercò di sedurla, poi Charlie Chaplin, che si era invaghito di un suo ritratto. Tutto questo da lei raccontato a Camilla Cederna, che era una sua più intima amica.
Quando andava alla Scala avvolta nel tulle, e protetta da grandi ventagli di piume, tutti la guardavano, ma lei già innamorata, anzi folgorata, dal conte Emanuele Castelbarco, uomo bellissimo quarantenne ma sposato. Un amore scandaloso vissuto nella clandestinità, che fece andare su tutte le furie, il suo celebre padre quando lo scoprì. Dodici anni dopo si sposarono tacitando tutti.
Wally, educata alla solidarietà e all’impegno verso i più deboli, diverse volte, collaborò con Don Gnocchi, si avvicinò alle iniziative a favore dei piccoli mutilati di guerra. Diceva sempre: “Io non vivo di rendita. ma di vendita, quando ho bisogno di denaro, per me o per gli altri, vendo senza il minimo rimpianto”.
Negli ultimi anni della sua vita, il suo viso era sempre coperto da una veletta nera, anche alle prime della Scala, con l’immancabile giro di perle al collo.
Muore a Roma in casa della figlia il giorno 9 maggio del 1991 all’età di novantuno anni.
Anna Sciacovelli