Si era nel 1918 quando vide la luce, un batuffolo dai capelli neri come la pece e due occhi verdi, come il profondo mare, da ragazzo non aveva dato il meglio di se a scuola e cercava sempre di sviare e di non essere interrogato non perché non sapeva la lezione, ma essere interrogato lo metteva in soggezione non amava essere in primo piano.
Vito Colella, amava studiare in silenzio, per lui essere l’interrogato dai professori era un supplizio, non amava essere osservato ed essere in vista in un interrogatorio, riusciva a suggerire il suo sapere ai compagni, per poi chiudersi nel silenzio più assoluto, quando era interrogato, spesso portava un quattro a casa, per aver dato una risposta limitata e perché non si era adeguatamente dilungato, nella perfetta illustrazione dell’argomento dell’interrogazione.
Quell’anno, rischiava di ripetere l’anno. Solo un professore aveva capito il suo dramma e quel giorno aveva deciso d’interrogarlo.
Vito quando lo vide, cercò di evitare il suo sguardo nascondendosi dietro gli altri ragazzi, il professore fece il suo nome a voce alta disse: ” Vito Colella alla lavagna”.
Vito, mellifluamente si alzò trascinando le sue lunghe gambe verso la cattedra, dicendo: ” Professore non sono pronto” rispose di rimando il ragazzo “Non devi parlare Vito devi solo operare”. “Mi devi fare un’equazione dal giusto risultato” Vito abbassò la testa dicendo:” Va bene professore”.
In meno di cinque minuti, fece l’equazione non saltando nemmeno un passaggio in tutta la procedura, “Bravo Vito, torna al tuo posto” il ragazzo, rosso come un peperone, tornò al proprio posto si sedette e abbassò la testa come un cane bastonato. Tutti i ragazzi furono promossi, poi allo scoppio della guerra del 1943, la chiamata alle armi, Vito Colella, fu selezionato come sommergibilista bravo in matematica, sapeva calcolare mentalmente la reale distanza di una nave e applicare, una perfetta traiettoria, per puntare il cannoncino di bordo e colpirla. Nella selezione si era riformato il gruppo della scuola all’appello mancavano solo due ragazzi Matteo e Onofrio, scelti come Avieri, quindi destinati al volo.
Si dovevano addestrare i nuovi sommergibilisti, due mesi di mare e tutti erano pronti per l’imbarco si vociferava la destinazione del sommergibile, il porto di Zara.
Il gruppo compatto era salito sul sommergibile, con loro vi era anche un cane, il quale si era imbarcato, clandestino senza passaporto, l’animale aveva capito che non doveva abbaiare, ma in compenso si faceva coccolare da tutti, per dormire aveva trovato comodo fermarsi ai piedi del letto di Vito Colella.
Spesso il comandante, durante il giro d’ispezione aveva notato qualcosa di strano, ma non era riuscito a individuare nulla.
Dix, riusciva a nascondersi bene per non farsi scoprire dal comandante, durante l’ardua prova, una manovra spericolata nel porto, l’ammainabandiera un lungo saluto alla città di Taranto e via in mare aperto.
Il sommergibile, aveva zigzagato, diverse volte lungo la rotta, che da Taranto doveva portarlo al molo di arrivo a Zara.
Il mare Jonio e quello Adriatico erano stracolmi di navi nemiche, in continuo pattugliamento, che seguivano e ostacolavano tutti i navigli, che uscivano o entravano in tutti i porti lungo la fascia Adriatica che la traghettavano, sia il Mar Jonio da Taranto, il pattugliamento era visibile in certi punti, in altri s’intercettavano finti pescherecci, che pescavano senza fretta pesce che poi rigettava in mare.
Nella rada di Zara, tutto si svolgeva con tranquillità, all’improvviso la sirena di bordo iniziò a suonare a intermittenza un avviso per i marinai di tenersi pronti a rispondere al fuoco nemico.
Poi uno scossone improvviso fece inclinare su di un fianco il sommergibile, bloccando letteralmente il suo percorso, un Mas lo aveva avvicinato a motore spento e aveva sganciato un siluro.
L’acqua invase lo scafo, i ragazzi insieme al cane si chiusero in uno stretto corridoio, spangando le porte, ma lo spazio limitato e la mancanza d’aria per respirare ridusse la loro resistenza.
Quando il gruppo di salvataggio, nel pomeriggio del terzo giorno, raggiunse lo scafo, solo tre sommergibilisti furono trovati in vita, anche il cane era riuscito a salvarsi, portati in ospedale, furono curati e assistiti da infermieri che non parteggiavano per nessuna Nazione, nella neutralità furono soccorsi con i dovuti accorgimenti anche il cane Dix, ebbe un encomio dal Comandante Portuale di Zara.
Zio Vito, tornò a casa dopo due anni, era stato internato in un ospedale psichiatrico perché spesso durante la notte ricordava la tragedia gridando e piangendo e chiedendo aiuto come un bambino.
Anna Sciacovelli