Il giorno 25 marzo 1911, Nel Museum of the City of NewYork, che si trova nell’Upper East Side, sono ricordati tutti gli incendi, che purtroppo devastarono la città, della fabbrica”Cotton”, dell’8 marzo del 1908, non c’è nessuna traccia che riguarda l’incendio. Nel Museo, troviamo invece la ferale notizia e la seguente narrazione con immagini scioccanti, dell’incendio della fabbrica “Triangle”, del 25 marzo del 1911, probabilmente scritta il venticinque e non il giorno 8 marzo. Quel giorno circa cinquecento ragazze e giovani donne tra i (15 e 25 anni), più un centinaio di uomini stava lavorando in un palazzone di Washington Place a NewYork. La fabbrica di camicie si chiamava “Triangle Waist Company” e occupava gli ultimi tre piani dell’edificio di un Grattacielo.
Le donne della Triangle” lavoravano per sessanta ore la settimana, ma non si contavano gli straordinari imposti e pochi pagati.
Forse non era l’estenuante orario di lavoro il vero malessere delle operaie:la sorveglianza feroce ed esercitata da “Caporali” esterni, retribuiti a cottimo dai padroni, ognuno dei quali sorvegliava e retribuiva a sua volta sette ragazze imponendo loro ritmi massacranti, che spesso erano origine di incidenti durante il lavoro. Gli ingressi erano chiusi a chiave per impedire alle lavoranti di lasciare il proprio posto di lavoro, seppure per pochi minuti.
Il sindacato non era mai entrato in quell’azienda. Diritti zeri, sicurezza inesistente, alle 16,40 di quel maledetto venerdì quando per cause accidentali si propagò l’incendio che a partire dall’ottavo piano lambì subito il nono e poi devastò il decimo.
Alcune donne riuscirono a scendere lungo la scala antincendio ma presto crollò sotto il peso di tante disperate in preda al terrore, anche l’ascensore cedette quasi subito, le operaie salirono al decimo piano. Ma, anche lì arrivò il fuoco, quel giorno a New York si videro scene da far accapponare la pelle.
Scene che abbiamo rivisto in occasione dell’11 settembre 2001, giorno dell’attacco ai twin Towers. Quel giorno delle 146 donne sfracellate al suolo trentanove, erano di nazionalità italiana, immigrate nella grande mela il loro “ sogno americano” s’infranse su un marciapiede americano. Al danno si aggiunse anche la beffa, tutti i datori del Lavoro furono assolti con formula piena.
Episodio significativo per cogliere da vicino qual’era la condizione della donna nella società industriale all’inizio del Novecento: privata di tutti i diritti, sfruttata bestialmente per pochi soldi, non aveva diritto al voto, circondata dal pregiudizio di inferiorità morale e intellettiva, libera solo di scegliere, se morire di parto, oppure per mano di un bruto o uccisa dalla polizia, nella repressione dei molteplici scioperi dell’epoca.
A ricordo riporto alcuni nomi: Rosaria e Lucia Maltese, Bettina e Francesca Miale, Serafina e Sara Saracino e due nostre conterranee Anna Rita e Antonia Pasqualicchio, famiglia originaria di Casamassima.
Anna Sciacovelli